Battuta di caccia by Battuta di caccia

Battuta di caccia by Battuta di caccia

autore:Battuta di caccia
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2013-01-22T16:00:00+00:00


24.

Trovò Tine rannicchiata sotto una scala, in un portone di Dybbølsgade, vicino a Enghave Plads. Sporca, ammaccata, disperatamente bisognosa di un buco. Uno dei vagabondi della piazza le disse che stava così da ventiquattr’ore, e non voleva muoversi di lì.

Si era nascosta nel punto più profondo del sottoscala. Al buio.

Quando vide la testa di Kimmie che spuntava, ebbe un sobbalzo.

«Oddiiiooo, Kimmie, sei tu, tesoro» esclamò sollevata, gettandosi tra le sue braccia. «Ciao, Kimmie, ciao. Eri proprio la persona che volevo vedere.» Tremava come una foglia e batteva i denti.

«Cosa ti è successo?» domandò Kimmie. «Che fai qui, perché sei ridotta così?» Le accarezzò le guance gonfie. «Chi ti ha picchiato, Tine?»

«Hai trovato il mio biglietto, eh, Kimmie?» Tine si tirò un po’ indietro per guardarla con gli occhi giallastri e iniettati di sangue.

«Sì, l’ho trovato. Grazie, Tine.»

«Allora mi dai le mille corone?»

Kimmie annuì, asciugandole il sudore dalla fronte. Aveva il viso stravolto, un occhio quasi non le si apriva più. La bocca storta e tremante. Graffi e lividi dappertutto.

«Devi tenerti lontana dai soliti posti, Kimmie.» Tine incrociò le braccia davanti al petto, per cercare di smettere di tremare. Non ci riuscì. «Gli uomini sono venuti da me. Mi hanno fatto male, ma ora resto qui, vero, Kimmie?»

Stava per chiederle cos’era successo quando sentirono uno scricchiolio dal portone. Era uno degli inquilini che rientrava a casa con i tintinnanti trofei del giorno in una busta del discount. Non era uno di quelli che avevano colonizzato il quartiere di recente. Le braccia coperte di tatuaggi non professionali.

«Non potete stare qui» disse in tono brusco. «Via, tornatevene per la strada, bagasce.»

Kimmie si alzò in piedi.

«Credo che dovresti salire a casa tua e lasciarci in pace» disse facendo due passi verso di lui.

«Perché, se no cosa mi fai?» L’uomo si posò la busta tra i piedi.

«Se no ti spacco la faccia.»

L’uomo sorrise. Gli era piaciuto, era evidente. «Ehi, sembri una puttana sveglia. Se non vuoi levarti dalle palle con quella tossica merdosa, sali da me. Che ne dici? Per me quella può anche marcirci, là sotto, se tu vieni su con me.»

Stava allungando un braccio per toccarla, quando il pugno di Kimmie affondò nel suo ventre flaccido come nella pasta lievitata. Il colpo seguente gli tolse l’espressione di sorpresa dalla faccia. Quando andò a terra, il rumore rimbombò per tutte le scale.

«Aaarh» ansimò con la fronte sul pavimento, mentre Kimmie tornava sotto la scala.

«Chi è venuto da te? Degli uomini, hai detto? Dove sono venuti?»

«Erano quelli della stazione. Sono venuti su da me, nella stanza, e mi hanno ammazzato di botte perché non volevo dirgli niente di te, Kimmie.» Cercò di sorridere, ma il gonfiore della guancia sinistra glielo impedì. Tirò su le ginocchia. «Ma tanto io ora resto qui. Me ne sbatto, di loro.»

«Di chi parli? La polizia?»

Tine scosse la testa. «Quelli? Noooo. Il poliziotto è uno gentile. No, sono quegli stronzi che ti cercano. Io dico che qualcuno li paga. Devi fare attenzione, Kimmie.»

Kimmie prese Tine per un braccio. «Ti hanno picchiato!



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